Grazie!
Quando ero piccolina sognavo di fare la veterinaria, poi ho scoperto che non bastava amare gli animali, ma bisognava anche operarli. Da allora ho capito che non avrebbe fatto per me. Quando ho iniziato a fare freestyle avevo 9 anni, e fino all’età di 14 anni circa, non ho mai davvero compreso quanto fossero grandi gli sforzi economici che dovevano fare i miei genitori per permettermi di svolgere quest’attività. La nostra famiglia è stata un’eccezione, per diversi anni i miei genitori si sono ritrovati a pagare due tasse della squadra nazionale, la mia e quella di mio fratello Fabio. Mentre l’altro mio fratello Matteo giocava ancora ad hockey, prima di entrare a far parte anche lui dei quadri di TiSki. Perché, pur facendo parte della squadra nazionale, si paga e non si guadagna. Non è però una cosa negativa, poiché a differenza di molte altre squadre, Swiss-Ski mette a disposizione dei propri atleti un budget che serve a coprire molte spese come biglietti aerei, alberghi, ski pass, eccetera. Tutte spese che la maggior parte di atleti di altre squadre nazionali si trovano a pagare di tasca propria.
Il mio non è comunque uno sport economico. E qui entrano in gioco attori importanti come la Fondation de l’Aide Sportive Suisse (Stiftung Schweizer Sporthilfe, Fondazione dell’Aiuto Sportivo Svizzero). Da 49 anni, la Fondazione dell’Aiuto Sportivo Svizzero sostiene gli sportivi nel loro cammino verso l’élite mondiale. Soprattutto nella giovane età e negli sport di nicchia, dove la presenza mediatica è debole, i grandi sponsor non ci sono e i premi in denaro non sono alti. Lo scopo principale della fondazione è quello di sostenere finanziariamente i giovani talenti e le loro famiglie. Con 9,1 milioni di franchi all’anno, l’Aiuto Sportivo Svizzero sostiene 1043 atleti. I fondi sono riversati sotto forma di sovvenzioni individuali, sponsor e riconoscimenti a sportivi particolarmente talentuosi. È una fondazione a scopo non lucrativo e insieme a Swiss Olympic e all’Ufficio Federale dello Sport, è tra le più importanti istituzioni dello sport in Svizzera. I fondi sono raccolti grazie a donazioni, contribuzioni dei membri, azioni di beneficenza e tramite l’aiuto del partner “Società di Sport-Toto” di aziende e fondazioni (link Rapporto annuale 2018: https://www.sporthilfe.ch/dam/jcr:576019f3-5e80-40ec-a617-56c4571ee266/Rapport_annuel_2018.pdf ). Sì, se te lo stai chiedendo, puoi contribuire anche tu, con un importo minimo, cliccando su questo link: https://www.sporthilfe.ch/fr/Engagez-vous/En-tant-que-particulier/Faites-un-don/Faites-un-don-maintenant.html. Da parte mia e di tutti gli atleti sostenuti dall’Aiuto Sportivo Svizzero: Grazie!
Nel mio sport, nel corso degli anni, ho conosciuto molti atleti che per motivi finanziari hanno deciso di terminare la propria carriera. Mi rattrista sempre sentire queste storie che sarebbero potute finire in maniera diversa, magari con un lieto fine ai Giochi Olimpici oppure con dei buoni risultati in Coppa del Mondo, ma purtroppo non è andata così. Il sostegno di quest’anno da parte dell’Aiuto Sportivo Svizzero per me significa molto, perché nonostante il mio lungo palmarès di infortuni, questa fondazione crede nel mio potenziale. Questo mi aiuta a restare motivata nei giorni più duri durante la riabilitazione. Negli scorsi tre anni, il loro aiuto è stato sicuramente un grande sollievo per me!
Nel 2016 dopo la vittoria in Coppa Europa, sono stata selezionata insieme al mio compagno di squadra Marco Tadè dal gruppo di sportivi d’élite dell’Esercito Svizzero. Un’esperienza molto importante per me e che tuttora mi aiuta finanziariamente nel mio percorso sportivo.
Inoltre, ho anche la fortuna di poter contare uno sponsor come Fumasoli SA di Cadro, il paese in cui sono cresciuta. Per me è un orgoglio gareggiare in Coppa del Mondo, dalla Cina al Canada, con la pubblicità sul casco. Come lo è sciare sulle piste di Zermatt o Ruka, in Finlandia, con gli sci preparati da 3Rsport, e il sollievo di tenere il collo e la testa al caldo quando le temperature scendono anche fino a -25°C con il materiale BUFF fornito da Contact&Production. In fondo sono una semplice ragazza, che viene da un Cantone non sempre molto considerato dal resto della Svizzera, la quale ha scelto uno sport ancora poco conosciuto e che si ritiene molto onorata di ogni sostegno che riceve, dal più grande al più piccolo.
LA RIABILITAZIONE DI OTTOBRE
Ottobre è iniziato duramente. Per tre mesi mi sono trovata come in trans, affrontando la riabilitazione con tanta determinazione e forza che ho ammirato, ma che non mi sono fermata a chiedermi da dove arrivasse. Durante ogni esercizio mi dicevo di tenere duro e di arrivare fino alla fine e che se avrei faticato lì, poi sulla neve sarebbe stato più facile. Ad ottobre è come se mi fossi fermata a riflettere troppo. Ero stanca fisicamente e mentalmente. Ogni giorno mi era più difficile trovare la motivazione per affrontare la fatica degli allenamenti e finire i programmi in palestra. Mi vergognavo nel sentirmi così, dopo tutto l’impegno che ci avevo messo nei mesi precedenti, non potevo mettermi in dubbio tutto d’un tratto. Il fatto di ammalarmi molto frequentemente è quello che mi ha fatto capire che avevo bisogno di fermarmi un attimo, così non potevo continuare.
Così in poco tempo ho deciso di prendermi una settimana per spezzare la routine giornaliera e ricaricare le batterie, permettendomi di spegnere il cervello. Ho trascorso 3 giorni a Zermatt con la mia ex compagna di squadra Debby Scanzio. Quest’anno entrambe senza sci. Passeggiando tra i sentieri di Zermatt in compagnia di Debby, ritrovare alcuni miei compagni di squadra e incontrare atleti di altre squadre che non vedevo da tempo mi ha messo di buon umore. I quattro giorni seguenti li ho passati a Madrid, ospite da un’ex sciatrice della squadra statunitense e amica da diversi anni. Lei purtroppo ha dovuto terminare la sua carriera per problemi alle anche, e nonostante le abbia operate anni fa, ancora oggi, a soli 22 anni, soffre di dolori quasi giornalieri. Questa è una delle tante storie (tristi) di atleti con grandi ambizioni, ma che per problemi fisici hanno deciso coraggiosamente di rinunciare alla propria passione.
Nonostante ho preso questa settimana per cambiare aria e con l’idea di ricaricare le batterie, quando sono rientrata a casa mi sono sentita più stanca di prima e questo mi ha fatto riflettere un po’. Così qualche giorno fa ho deciso di fare un esame del sangue, pensando che forse la causa di questa grande stanchezza improvvisa potesse centrare con il livello del ferro nel sangue. Ogni anno, infatti, devo tenerlo controllato e alzarlo tramite infusioni o pastiglie quando è troppo basso. Infatti, si è rivelato che livello del ferro che ho in questo momento è troppo basso, soprattutto per uno sportivo. Il medico mi ha consigliato non una, ma bensì due infusioni. Questa notizia mi ha dato in un qualche modo sollievo, perché avevo messo in dubbio la mia motivazione che sembrava essere molto forte fino a solo qualche settimana fa.
Ora sono passati quasi 4 mesi dall’operazione, spesso si pensa che il peggio sia all’inizio, i giorni dopo l’operazione. In realtà il peggio arriva dopo, quando si comincia ad avere più mobilità, più forza e più libertà negli esercizi, è proprio qui che bisogna essere più forti perché è dove i progressi sono più piccoli e avvengono più lentamente. Bisogna continuare ad avere pazienza, motivazione e energia. E proprio quando ne avevo più bisogno, qualche giorno fa ho letto questo: “Sometimes, your confidence is going to crash. Sometimes, you’re going to doubt your own abilities. Sometimes, you’re going to flirt with the idea of giving up. But you can never allow yourself to quit on the things that mean the most to you. You have to stay passionate, stay motivated, stay inspired, stay strong. You have to remind yourself you can do this.”